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Musica dal vivo a Londra

Musica dal vivo a Londra

MUSICA INGLESE: DAGLI ANNI '60 A OGGI

A Londra il rock si suona dappertutto: allo stadio di Wembley, sui marciapiedi, alla Royal Albert Hall, nella metropolitana, nei discopub, nei locali notturni,…

Tutti sono potenziali musicisti, tutti sono potenziali manager. Incontri fatali e momenti magici sono avvenuti nei parchi, sui marciapiedi, persino sui tetti di Londra. I talent-scout incrociano come sommergibili i club e i bar, perennemente a caccia; i discografici si fanno guerra nei quartieri generali dietro Oxford Street. E se vi fermate ad ascoltare qualche musicista di strada, è sicuro che prima o poi dietro l’angolo, spunta il loro press-agent, pronto a vendervi il nastro registrato in proprio.

Non è un caso che la musica leggera abbia regalato a Londra le strisce pedonali più famose del mondo, calpestate ogni giorno da turisti che si fanno fotografare come i Beatles nella copertina di “Abbey Road”. Esistono addirittura tour dedicati ai luoghi storici della musica leggera; Vedere la vecchia centrale Elettrica ( Battersela Power Station ) sul Tamigi che ha fatto da sfondo alla copertina di “Animals”  dei Pink Floyd, oppure il vecchi teatro Rainbow, la “casa” dei Genesis ( ora convertito in garage) o ancora vedere gli studios dove registravano i Beatles, le loro case, la casa dove ha vissuto gli ultimi anni Freddy Mercuri,  la casa dove abita Madonna, …

Il fatto è che Londra non si è mai fermata sugli allori e non ha mai smesso di essere la capitale mondiale della musica pop e rock. Certo il mercato americano è più ricco, ma è da qui che vengono le idee: persino il reggae giamaicano ha dovuto trasferirsi sul Tamigi per far sì che Bob Marley trovasse microfoni adatti per farsi ascoltare da tutto il pianeta.

Qui sono nate le etichette discografiche indipendenti che hanno fatto la storia della discografia: Island, Carisma e Vergin, finite poi nelle mani delle multinazionali. E oggi l’etichetta indipendente che comanda è la Creatio con a capo Alan McGee. E’ lui che ha scoperto e lanciato qualche anno fa gli Oasis, il quintetto di Manchester, guidato dai fratelli Noel e Liam Gallagher: 30 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.

“This is Pop” cantavano negli anni ’80 gli XTC, altro gruppo di decisa matrice beatlesiani come gli Oasis. E il pop prevede vite private agitate, passatempi proibiti, scandali e pettegolezzi. Tra i vari giornali scandalistici  ci sono passate a buon diritto tutti quei fenomeni di bande giovanili frutto di marketing ben condotto da abili manager; ricordiamo i fenomeni gia tramontati delle litigiose Spice Girls e i Take That.  Gruppi che hanno venduto milioni di dischi e raccolto migliaia di fans in tutto il mondo; gruppi dalle cui ceneri sono nati elementi di livello superiore come è successo per Robbie Williams; licenziato in tronco dai suoi colleghi dopo una notte di stravizi e dato per spacciato, a un passo dal suicidio, il rude Robbie ha trovato la forza di incidere un disco, dimostrando le sue doti di compositore e interprete, e riuscendo a sbancare i botteghini con quello e i successivi album.   

Sfogatasi la piena del cosiddetto Brit-pop, un genere a cui nessun musicista sostiene di appartenere ma che inquadra un bel po di gruppi di qualità capaci di dominare le classifiche ( ricordiamo i Blur, storici rivali degli Oasis, i Pulp, i carismatici Verve, oggi nei club si ascolta e si balla mescolando generi e generazioni: Le noti si agitano, divise tra tecno-punk e drum’n bass. Facce non proprio raccomandabili, musica dura, ossessiva, atteggiamenti esasperati. Ma anche sorprendenti aperture melodiche, meditative come per i Coldplay e Devid Gray,

Come è sempre successo dai tempi dei Beatles e i Rolling Stones, i Who e i Kings, Londra non perde il vizio di sperimentare, togliendosi la soddisfazione di essere premiata dal mercato. Il risultato è che gli stili più estremi convivono con generi musicali più tradizionali, eppure “progressive”: i Radiohead, per es., trasmettono una inquietudine di cui un tempo i portavoce erano i Pink Floyd.( che iniziarono a esibirsi tra le mura dell’Ufo Club, in Tottenham Court Road. Sempre sulla cresta dell’onda rimangono però, anche i “vecchi” Elton John, Eric Clapton, David Bowie       ( che fece tendenza con il suo “Glam”, un modo rumoroso di mettere in mostra le mutazioni del proprio io, aneroide e bisessuale, bisognoso di contaminare la propria immagine), e tanti altri che hanno fatto la storia della musica inglese degli anni ’70, come il rock progressivo dei Jethro Tull, Genesis e Yes o i Sex Pistols , i Clash e i mitici Queen con Freddy Mercury su tutti. Il reggae, riveduto e corretto diventa lo ska dei Madness, che a sua volta, in mano ai Police di Sting, diventa qualcos’altro di successo.

Proprio secondo il flusso di una città complessa e multietnica come Londra molti artisti sono oggi arrivati a creare musiche che, dopo lo scossone della stagione dei rave ( i party illegali a base di Techno organizzati in zone dimesse di Londra alla fine degli anni ’80), assorbono i mille stimoli della capitale, creando musica per tutti i gusti e per tutte le generazioni presenti  e future.

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